martedì 28 giugno 2016

Domenica 10 luglio a Jelsi - VITA A MOTORI!!!





Io e il Quad

“Accelerazione lenta, ma notevole”: questo era il pensiero che mi frullava dentro quando sentivo che il mio piedino attivava delle vibrazioni che mi facevano muovere. Pigiavo con la punta, piano piano, provando a capire come mai a volte riuscivo a spingere e a volte no quel pedale ancora troppo grande per il mio piede. Provavo con le scarpe, con le ciabatte, solo con i calzini e anche scalzo... Un po’ alla volta ho scoperto che c’era un punto più sicuro, dal quale bastava appoggiare e via, sentivo quella vibrazione, quel rumore così speciale e, magia, mi spostavo!
Posso affermare con sicurezza di aver imparato prima a guidare che a camminare! Il primo mezzo che ho sperimentato di saper guidare era davvero piccolo, ma molto più grande della mia stazza di bambino di ancora 10 mesi e mingherlino, tutto occhi! Fare le manovre in retromarcia è sempre stato il mio forte! Mamma e papà mi guardavano incantati e io pensavo che anche loro fossero ammirati della magia che si attivava pigiando il piede. “Batti-i-a” è stata tra le primissime parole che ho pronunciato, perché, quando la magia non partiva, mi ripetevano qualcosa che aveva questo suono. Dopo le prime volte, ho guardato quando papà prendeva quell’affare lungo con la punta e il manico arancione, sfilava un oggetto più o meno come una scatola, lo metteva da qualche parte e di certo gli succedeva qualcosa nelle lunghissime ore in cui non era al suo posto, perché intanto il pedale andava giù e non succedeva nulla di nulla. Quando la scatola tornava al suo posto il mio mezzo mi sembrava ancora più potente: che musica!!!
Mano mano che sono cresciuto ho iniziato a vedere che mamma e papà guardavano me e non il mezzo; io li guardavo e andavo, come in un dolce volo. Solo quando sono diventato grande mi hanno spiegato che non è poi tanto consueto che un bimbo così piccolo sfiori mobili e pareti a filo e riesca a non sbattere o strisciare… e mi sono detto: beh, ma se non era normale, perché mi continuavate ad urlare: “attento a non sbattere!”?...  In realtà non mi è mai costato fatica: le pareti, i mobili, lo spazio in genere è un perfetto punto di riferimento per il mio movimento.
Quando ho iniziato a camminare  seriamente e ho ripercorso gli spazi sondati a quattro ruote, è stato un po’ come se ci fossi passato gattonando.
Quando ho iniziato a parlare sono diventato esigente e ho cominciato a chiedere. Ho la fortuna di essere nato due giorni dopo la Befana e a tre anni ho chiesto un “solo” regalo per tutte le feste e che fosse UN QUAD! Il primo che ho scelto io. Ormai mi sentivo grande per quella specie di macchinuccia che si attivava a pedale e volevo sentire l’emozione delle vibrazioni dalle mani. Quando è arrivato, ho faticato a lasciarlo la notte, volevo che venisse su con me in camera e avrei preferito dormirci sopra, se proprio dovevo dormire per forza!
La prima volta che ho fatto un giro da quad ero davanti casa, nel prato che risale in una piccola collinetta; ho iniziato ad arrivare a filo  vicino agli alberi mentre andavo in retromarcia per guadagnare spazio prima di partire. L’emozione più grande, ancora oggi, è il vento. È davvero meraviglioso il quad: le gambe vibrano sul terreno e la faccia vola nel vento, eppure sono unito, in un’emozione speciale, che continua anche quando scendo, a fatica, e mi sembra di essere ancora in moto.
Non leggevo, ma ho iniziato a distinguere i nomi stampati e a riconoscere da lontano quelli che mi piacevano di più. Da subito avrei voluto quello dei grandi, ma papà mi ha continuato a dire che ero troppo piccolo per quelli. Mi piacevano anche quelli vecchi, che mi davano l’aria di avere tanta esperienza e tanto da raccontarmi e quando li definivano “ferraglia”, mi sentivo offeso, come se fossero dei bravi nonnini da venerare.
Negli anni il mio legame con il quad è diventato sempre più simile a quello che i miei amici definiscono “sport”, perché ha tutte le caratteristiche del movimento, della sfida e della competizione con me stesso. Per me è un amico, un compagno di viaggio e una guida verso nuovi orizzonti, lui coraggioso e senza alcuna paura anche nelle strade in cui non andrei mai a piedi.
Le mie richieste sono diventate sempre più insistenti, ma non ho mai voluto che nessuno dei nuovi sostituisse il precedente e dunque ora scelgo in base al dialogo che voglio instaurare con il movimento e con lo spazio e li chiamo per nome: Parvisa leo, Dipro, Parvisa danko...
A volte guardo gli scooter e penso all’immensa bellezza del quad: non c’è paragone tra i due mezzi. Lo scooter serve solo a spostarsi e soprattutto a divertirsi, mentre il quad serve anche per il trasporto di cose in strade distaccate della città. Ha l’aria di essere un mezzo di servizio, che aiuta le persone  a spostarsi in sicurezza e attraversare anche aree difficili da percorrere: insomma, è il mezzo dell’aiuto e della possibilità per ogni viaggio nella natura. Spesso me lo sono immaginato come una specie di piccolo trattore in un concentrato di potenza.
Quando ho iniziato a studiare e a fare ricerche per conto mio, ho scoperto che quelle mie intuizioni ingenue non erano molto lontane dal reale, perché i quad sono effettivamente i successori dei vecchi trattori grandi e pesanti. Furono inizialmente pensati per il trasporto di persone o cose, ma ben presto, grazie alla loro 4wd, ovvero un sistema 4X4 intelligente, hanno sostituito perfettamente il lavoro dei vecchi muli.
Io lascerei la “discendenza” dai muli, come vecchissimi antenati, per ricordare a tutti quelli che hanno un quad che, anche se ha un motore e non gli circola sangue perché non ha vene, per poter fare lo stesso lavoro di un animale e molto molto altro, serve che le persone che li possiedono se ne prendano cura e facciano il cambio dell’olio motore ogni 5 mila chilometri.
Mamma mi rimprovera tutti i giorni perché dice che studio poco, poi si sorprende quando parlo con i grandi e descrivo le prestazioni dei miei adorati quad. Io non glielo voglio spiegare, perché penso che dovrebbe capirlo da sola: quello che devo imparare dai libri è lontano dalla mia emozione. Il mio amico quad mi fa conoscere la sua storia, la sua realtà interna e la sua filosofia ogni volta che leggo gli approfondimenti e studio per le mie instancabili ricerche. Il quad per me è come una persona, che mi racconta di sé e si fa conoscere mentre andiamo insieme, lui conosce me e io conosco lui. E poi, la storia: lui se la porta dentro e mi sembra di sentirgliela raccontare ad ogni accelerata, specie quando ci portiamo in campagna e non sento nessuna altra voce oltre la sua. Di certo se lo porta ancora dentro il suo antenato “Mulo Meccanico” e a volte nella struttura più portante mi sembra di sentire la stessa potenza che si doveva muovere nella sua trazione sui campi di battaglia.
Il mio amico sa essere sia mezzo di riflessione e pesante di storia vissuta, proprio come un anziano saggio che si muove piano ma che racconta tantissimo, sia agilissimo e veloce, capace di divertirmi e farmi sentire in volo.
Ho esultato nel leggere che furono inventati nel secolo scorso e che un’evoluzione più dinamica si ebbe tra il 1960 e il 1970, dalla ben nota casa costruttrice Moto Guzzi e riscossero molto successo perché i consumi erano molto ridotti.
Beh, il quad in fondo mi assomiglia: riflessivo e sensibile, ma anche divertente ed instancabile. Avere un quad e coltivare la passione per conoscerlo sempre meglio è una grande occasione per tutte le persone, anche per darsi la possibilità di spaziare nelle emozioni. Magari, se la comunità degli appassionati si allarga, creiamo delle squadre e le mettiamo in circolo, per tutti, queste meravigliose Emozioni! 
(articolo presentato al concorso da Giuseppe Salvatore)


















lunedì 27 giugno 2016